24 dicembre, 2006

SI E’ COSTITUITO IL COORDINAMENTO NAZIONALE BOLIVARIANO!

Il 25 ed il 26 novembre 2006 si sono incontrate, al Centro Popolare Autogestito di Firenze-Sud, decine di organizzazioni, collettivi, associazioni, centri sociali, comitati e singoli compagni provenienti da diverse regioni d'Italia.
In un clima costruttivo e propositivo, sono state analizzate a fondo le molteplici dinamiche che caratterizzano il processo bolivariano antimperialista in corso in America Latina attualmente, nonché le particolarità dei diversi processi che nei vari paesi presentano, a seconda dei casi, tempi e modi diversificati nella lotta di liberazione nazionale e sociale condotta dai rispettivi popoli.
I partecipanti all'assemblea nazionale di solidarietà internazionalista con le lotte dei popoli latinoamericani hanno inoltre sviscerato i nessi ed i reciproci impatti tra il processo di cambiamento in corso in America Latina, da una parte, ed il contesto mondiale, dall'altra, rivolgendo l'attenzione in particolare verso la situazione altamente conflittuale e resistente che caratterizza il Medio Oriente in questa fase.
Tale analisi, il cui approfondimento è stato reso possibile anche grazie agli interventi qualificati di tre compagni latinoamericani (uno dalla Colombia, uno dal Venezuela ed un altro ancora dall'Argentina) , ha portato i partecipanti a ribadire sostanzialmente due aspetti: in primo luogo, la portata strategica delle lotte dei popoli latinoamericani nel quadro delle lotte antimperialiste ed anticapitaliste su scala mondiale, ed in secondo luogo l'urgenza di articolare, sul piano nazionale, un ambito coordinato di sostegno internazionalista al processo bolivariano in Latinoamerica.
Dopo un giorno e mezzo d'interventi, dibattito e riflessioni su questi ed altri aspetti, è stato deciso unanimemente di dare vita al Coordinamento Nazionale Bolivariano, quale strumento ed ambito per coordinare iniziative, campagne e mobilitazioni su scala regionale e nazionale in sostegno alle lotte dei popoli latinoamericani.
Il neonato Coordinamento, il cui spirito è quello dell'internazionali smo tra i popoli e della solidarietà di classe, afferma il proprio appoggio alla lotta dei popoli latinoamericani per la seconda e definitiva indipendenza, sottolineando l'eroica resistenza guerrigliera e popolare contro il narco-fascismo di Uribe Vélez in Colombia, lo straordinario processo di cambiamenti nel Venezuela bolivariano e la tenace battaglia di Cuba socialista contro il blocco statunitense.
Il Coordinamento afferma con forza il pieno rispetto delle più diverse forme di lotta che i popoli, e le loro organizzazioni, hanno deciso o decideranno sovranamente di adottare per condurre la battaglia contro l'imperialismo statunitense -ma non solo- e le oligarchie nazionali.
Il Coordinamento, inoltre, raccoglie e fa propria la spinta positiva di unità e convergenza delle lotte che, dal Rio Bravo alla Patagonia, si stanno consolidando sotto la bandiera del bolivarianismo, come dimostrano ambiti quali la Coordinadora Continental Bolivariana e le più diverse forme di coordinamento continentale tra lavoratori, contadini, indigeni, studenti, donne, ecc.

Concretamente, il Coordinamento Nazionale Bolivariano articolerà nei prossimi mesi il proprio intervento lanciando due campagne:

1) una, di denuncia dei piani neo-coloniali di Washington e del Pentagono in America Latina, come il Plan Colombia, i Trattati di Libero Commercio (TLC), ecc., nonché del ruolo di supporto agli stessi -talvolta meno evidente ma ugualmente finalizzato al saccheggio- giocato dall'Unione Europea o da alcuni dei suoi Stati membri in particolare.

2) l'altra, di sostegno ai prigionieri politici latinoamericani: alcuni detenuti illegittimamente negli USA, come ad esempio Simón Trinidad e Sonia, combattenti bolivariani delle FARC-EP sequestrati, estradati e processati con montature e menzogne, o i cinque cubani, incarcerati e condannati a pene terribili per essersi adoperati contro il terrorismo del connubio CIA-mafia cubana di Miami; altri, detenuti nelle più diverse carceri del continente, come i prigionieri peruviani, mapuches, colombiani, messicani, argentini, ecc.

Queste due campagne, che verranno sviluppate con iniziative locali di controinformazione, documentazione, denuncia e sensibilizzazione, saranno i due fili conduttori di un lavoro che avrà una prima verifica il prossimo febbraio, quando il CNB si riunirà nuovamente a Firenze, e che sfocerà in una grande mobilitazione nazionale che si terrà a Roma nel maggio 2007.

Il Coordinamento Nazionale Bolivariano, quale ambito ampio ed aperto di solidarietà internazionalista, lavorerà inoltre per allargarsi ed estendersi, così come per rendere sempre più nutrita la partecipazione a questo irrimandabile sforzo collettivo di sostegno alle lotte dei popoli latinoamericani.

Alerta que camina la espada de Bolívar por América Latina!

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11 dicembre, 2006

La risposta di FElipe CALderon


FElipe CALderon ed il dialogo...

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08 dicembre, 2006

Solidarietà con il Popolo Mapuche contro la Benetton

Si è tenuta ieri una manifestazione di protesta di fronte alla Benetton di piazza di Spagna, a Roma, con la presenza di una delegazione del popolo indigeno Mapuche proveniente dall'Argentina.
In seguito alle proteste dei manifestanti, il direttore della filiale si è visto costretto a chiudere il negozio, a ricevere la delegazione e a prendere atto delle violazioni che l'impresa italiana compie da anni nei territori della Patagonia argentina.
Alla presenza di alcuni parlamentari e di diversi giornalisti, i due rappresentanti mapuche, Dina Huincalea, della comunità di Leleque e Rogelio Fermín, di Vuelta del Río hanno raccontato i soprusi della compagnia Benetton sui loro territori ancestrali: "da quando Benetton ha acquistato i 900 mila ettari di terra della Patagonia, sono iniziati i tentativi di sgombero di alcune famiglie; la compagnia ha recintato le terre in cui viviamo e che consideriamo sacre perché è lì che risiedono i nostri antenati. La Benetton di fatto controlla i municipi e le strutture pubbliche locali ed ha istituito un corpo di polizia privato che viola il nostro diritto alla mobilità e alla salute".

La situazione che denunciano i mapuche è la stessa che vivono tutti i popoli originari dei Sud del Mondo, costretti ad affrontare grandi multinazionali che continuano a violare i loro diritti collettivi, politici economici ed umani.

Le Nazioni Unite proprio nel mese di dicembre, hanno rimandato l'approvazione della Dichiarazione dei Diritti dei Popoli indigeni, dichiarazione già data per certa.
Di fronte a questa situazione le associazioni A Sud, Hijos, Progetto Sur, Radici e Ya Basta! chiedono alle forze politiche e al governo:

1) di ratificare la convenzione 169 della ILO (Internacional Labour Organization), che darebbe strumenti giuridici concreti ai popoli indigeni per rafforzare il proprio potere decisionale sui loro territori;

2) un impegno all'interno delle Nazioni Unite per il riconoscimento immediato della commissione per i diritti dei popoli indigeni;

3) un'indagine sulla Benetton per accertare le reali responsabilità sociali di impresa.
Roma, 07 dicembre 2006

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04 dicembre, 2006

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Accordo di Associazione tra Unione Europea e Centro America

· Cos’è un Trattato di Libero Commercio (TLC)?

I TLC sono un’idea dei paesi ricchi e delle loro grandi imprese per assicurarsi il controllo delle ricchezze di paesi e i migliori guadagni nel commercio
In un TLC si stabiliscono le quantità e le forme di importazione e esportazione di centinaia di prodotti e servizi tra i paesi che lo firmano. Ma soprattutto, il TLC assicura che si facciano gli scambi che le grandi imprese transnazionali vogliono, oltre ai cambi imposti per mezzo degli Aggiustamenti Strutturali.

I TLC creano anche il loro proprio tribunale con i loro giudici, incaricati di giudicare se si violano questi accordi e stabilire i castighi. Questo tribunale è al di sopra dei giudici e delle leggi nazionali, e persino dei convegni e trattati sui diritti umani, e possono condannare un governo se segue le sue leggi nazionali se queste colpiscono i guadagni delle grandi imprese.

Per ingannarci dicono che:
E’ un accordo tra due o più paesi, nel quale si pongono norme per aprire i loro mercati, in maniera che si obblighino tra di loro a seguire le regole del libero commercio; che l’accordo porterà guadagni e sviluppo, che c’è più di buono che di male, che fanno in modo che un maggior numero di persone abbia migliori condizioni di vita; perchè tutti i paesi hanno le stesse regole del gioco…però che non ci siano frontiere tra i paesi e tutti abbiano le stess opportunità e gli stessi obblighi. Dicono questo, che tutti i paesi avranno le stesse opportunità per competere nel mercato.

· Cos’è l’Accordo di Associazione tra Europa e Centro America?

Formalmente è un pacchetto completo di accordi sulle differenti relazioni tra l’Unione Europea e il Centro America, come Cooperazione e Sviluppo, Dialogo Politico e Commercio. Mentre i primi due aspetti sono già definiti fino al 2013, attualmente si sta negoziando la parte relativa al Commercio, cioè un Trattato di Libero Commercio.

Per l’Unione Europea, il Centro Amercia non è una regione di grande importanza commerciale. Solo lo 0,4% del commercio estero è rivolto alla regione centroamericana e non pare avere prospettive di grande crescita. Gli interessi commerciali si concentrano in alcuni settori: l’accordo può ridurre gli effetti negativi del CAFTA sulle esportazioni europee e la privatizzazione di servizi apre nuove prospettive per le transnazionali europee, soprattutto nei settori delle telecomunicazioni, energia, acqua e servizi di costruzione.
Una differenza grande col CAFTA è che l’accordo con l’Europa ha meno impatto nell’agricoltura. In cambio le conseguenze nel settore dei servizi possono essere notevoli.
L’Unione Europea negozia questi accordi anche in relazione a processi dentro l’OMC per avanzare (per proprio conto) col libero commercio mentre l’OMC non avanza con accordi generali.

Per il Centro America:
L’Unione Europea è il socio commerciale più importante dopo gli USA (il 12% del commercio estero del Centro America è rivolto verso l’ Europa).
Un accordo aprirebbe prospettive commerciali per un piccolo settore di impresari, vale a dire le stesse famiglie che dominano i paesi economicamente e politicamente.

· Cosa ci porta l’accordo di libero commercio tra Unione Europea e Centro America?

Questo Trattato di Libero Commercio, come tutti i progetti nefasti del modello neoliberale, è un insulto alla nostra sovranità nazionale, e significa più povertà, spoliazione delle nostre risorse, invasione di prodotti stranieri, minore accesso ai servizi di base, lesione dell’integrità territoriale, più disoccupazione, più sfruttamento e inquinamento ambientale.
Tra gli elementi chiave per capire la penetrazone dell’Unione Europea e in generale di tutto quello contemplato dal trattato di libero commercio ci sono, tra gli altri:

1) Privatizzazioni: si esige ai governi che privatizzino tutti i loro servizi, beni o imprese, in caso contrario le corporazioni potranno denunciare i governi ad untribunale internazionale indipendente dalle leggi nazionali.
Per esempio le transnazionali europee hanno interesse a privatizzare i beni pubblici che sono diritti elementari, dei popoli come l’acqua, i fiumi, i boschi, l’educazione, la salute, l’energia elettrica e le telecomunicazioni.

2) I dazi: si esige ai paesi poveri o in via di sviluppo che aprano le loro frontiere a prodotti o beni senza che i paesi risquotano imposte, mentre i paesi rcchi le mantengono.
Con questo i governi smettono di ricevere ingressi, e sono obbligati ad aumentare le tasse per la popolazione, indebitarsi in cambio di migliori condizioni, tagliare spese pubbliche e/o vendere più imprese pubbliche per trovare le risorse che le transnazionali non pagano.

3) Trattamento nazionale: cioè le imprese straniere non possono ricevere un trattamento meno favorevole da parte del governo di quello che ricevono le imprese nazionali (appoggio, sussidi, facilitazioni fiscali, promozione, contratti, leggi o regolamenti speciali). Chiedono un trattamento “egualitario” quando non si può comparare un produttore contadino e indigeno con un impresa transnazionale di semi che in più dal suo paese riceve milioni di euro in sussidi. Il “trattamento nazionale” non eguaglia le parti, ma approfondisce le differenze.

4) I sussidi: i paesi ricchi del nord esigono ai governi dell’America latina e dei Caraibi che eliminino i sussidi a qualsiai prodotto, mentre i paesi sviluppati li aumentano destinando attualmente in media mille milioni di dollari al giorno alle loro economie. Vele a dire che le grandi imprese europee venderaano di più i loro prodotti verso il Centro America e i nostri contadini non potranno competere con queste.

5) Quote di importazione: si esige che in un determinato lasso di tempo le transnazionali europee ottengano l’esportazione per vendere in America Latina e nei Caraibi qualsiasi bene o prodotto senza limite di quantità; mentre i paesi europei pongono restrizioni ad alcuni prodotti che vengono dall’estero e che facciano concorrenza alle loro imprese e alla produzine nazionale.

6) Modifiche legislative: si esige ai governi che adeguino le loro costituzioni e leggi locali alle regole che stabiliscono gli accordi commerciali, passando al di sopra delle sovranità nazionali. Include anche che nessun governo possa legiferare a favore dell’esproprio di imprese straniere come è successo dopo le indipendenze dalla colonia in tutta l’America Latina e i Caraibi, o di imprese dopo i processi rivoluzionari nel Continente. Non sarà nemmeno permesso legiferare in dfesa dell’ambiente o a beneficio della salute pubblica se questo colpisce i guadagni delle imprese europee.

7)Libero flusso di capitale: questo implica che le imprese possano esportare i guadagni che ottengono in Centro America senza nessuna restrizione o controllo dei governi e senza pagare imposte. In questa maniera non rmane niente nei nostri paesi.

Nel TLC con l’ Unione Europea sono previste clausole democratiche , di diritti umani o ambientali. Si tratta di condizioni che le parti devono ratificare e implementare. Solitamente queste calusole rimangono senza strumenti per la loro implementazione e per il monitoraggio. In realtà danno un bell’aspetto a ciò che è sporco.
In realtà, le imprese transnazionali europee, così come quelle degli USA, chiudono fabbriche, licenziano lavoratori, costruiscono dighe, appoggiano tutta la politica delle istituzioni finanziarie internazionali come la Banca mondiale, il BID e il FMI, privatizzano i servizi pubblici, l’acqua, l’energia elettrica, telecomunicazioni, banche, saccheggiano i paesi delle loro risorse naturali etc.

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